LEGGE 3 agosto
1999, n.265
Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonche' modifiche
alla legge 8 giugno 1990, n. 142. (Suppl. Ordinario n.149)
CAPO I
Revisione dellordinamento
delle autonomie locali
ARTICOLO 1
Autonomia statutariae regolamentaree partecipazione popolare
1.Il comma 2 dellarticolo 4 della legge
8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal seguente:
«2. Lo statuto, nellambito dei princìpi fissati dalla legge, stabilisce le norme
fondamentali dellorganizzazione dellente, e in particolare specifica le
attribuzioni degli organi, le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze,
prevedendo lattribuzione alle opposizioni della presidenza delle commissioni
consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite. Lo statuto
stabilisce altresì lordinamento degli uffici e dei servizi pubblici, le forme di
collaborazione fra comuni e province, della partecipazione popolare, del decentramento,
dellaccesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi».
2.Allarticolo 4 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 2, è inserito il
seguente:
«2-bis. La legislazione in materia di ordinamento dei comuni e delle province e di
disciplina dellesercizio delle funzioni a essi conferite enuncia espressamente i
princìpi che costituiscono limite inderogabile per lautonomia normativa dei comuni
e delle province. Lentrata in vigore di nuove leggi che enunciano tali princìpi
abroga le norme statutarie con essi incompatibili. I consigli comunali e provinciali
adeguano gli statuti entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore delle leggi
suddette».
3. Allarticolo 4, comma 4, della legge 8 giugno 1990, n. 142, lultimo periodo
è sostituito dal seguente: «Lo statuto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla sua
affissione allalbo pretorio dellente».
4. Allarticolo 5, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, le parole: «della
legge» sono sostituite dalle seguenti: «dei princìpi fissati dalla legge».
ARTICOLO 2
Ampliamento dellautonomiadegli enti locali
1.Larticolo 2 della legge 8 giugno 1990,
n. 142, è sostituito dal seguente:
«Articolo 2. - Autonomia dei Comuni e delle Province. 1. Le comunità locali,
ordinate in Comuni e Province, sono autonome.
2. Il Comune è lente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli
interessi e ne promuove lo sviluppo.
3. La Provincia, ente locale intermedio tra Comune e Regione, rappresenta la propria
comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo.
4. I Comuni e le Province hanno autonomia statutaria, normativa, organizzativa e
amministrativa, nonché autonomia impositiva e finanziaria nellambito dei propri
statuti e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica.
5. I Comuni e le Province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con
legge dello Stato e della Regione, secondo il principio di sussidiarietà. I Comuni e le
Province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere
adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni
sociali».
2. Allarticolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al comma 3, le parole: «disciplina la», sono sostituite dalle seguenti: «indica i
princìpi della»;
b) al comma 4, la parola: «determina» è sostituita dalla seguente: «indica»;
c) al comma 7, le parole: «fissa i criteri e le procedure» sono sostituite dalle
seguenti: «indica i criteri e fissa le procedure» e le parole: «per la formazione e
attuazione degli atti e degli strumenti della programmazione» sono sostituite dalle
seguenti: «per gli atti e gli strumenti della programmazione».
ARTICOLO 3
Partecipazione popolare
1.Larticolo 6 della legge 8 giugno 1990,
n. 142, è sostituito dal seguente:
«Articolo 6. - Partecipazione popolare 1. I Comuni valorizzano le libere forme
associative e promuovono organismi di partecipazione popolare allamministrazione
locale, anche su base di quartiere o di frazione. I rapporti di tali forme associative con
il Comune sono disciplinati dallo statuto.
2. Nel procedimento relativo alladozione di atti che incidono su situazioni
giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati
secondo le modalità stabilite dallo statuto, nellosservanza dei princìpi stabiliti
dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.
3. Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché
procedure per lammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o
associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e
devono essere altresì determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono
essere altresì previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini.
4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie
di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni
elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali».
ARTICOLO 4
Azione popolare, diritti di accesso
e di informazione dei cittadini
1.Allarticolo 7 della legge 8 giugno
1990, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al
Comune.»;
b) al comma 2, secondo periodo, sono aggiunte le seguenti parole: «, salvo che il Comune
costituendosi abbia aderito alle azioni e ai ricorsi promossi dall'elettore»;
2. L'articolo 23 della legge 7 agosto 1990, n. 241, è sostituito dal seguente:
«Articolo 23. - 1. Il diritto di accesso di cui all'articolo 22 si esercita nei confronti
delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e
dei gestori di pubblici servizi. Il diritto di accesso nei confronti delle Autorità di
garanzia e di vigilanza si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, secondo quanto
previsto dall'articolo 24».
3. Le associazioni di protezione ambientale di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio
1986, n. 349, possono proporre le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario
che spettino al Comune e alla Provincia, conseguenti a danno ambientale. L'eventuale
risarcimento è liquidato in favore dell'ente sostituito e le spese processuali sono
liquidate in favore o a carico dell'associazione.
ARTICOLO 5
Interventi per lo sviluppo delle isole minori
1.In ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sicilia e della Sardegna, ove esistono piú comuni, può essere istituita, dai Comuni interessati, la Comunità isolana o dell'arcipelago, cui si estendono le norme sulle comunità montane.
ARTICOLO 6
Fusione dei Comuni, municipi, unione di Comuni
1.All'articolo 11 della legge 8 giugno 1990,
n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Le Regioni predispongono, concordandolo con i Comuni nelle apposite sedi
concertative, un programma di individuazione degli ambiti per la gestione associata
sovracomunale di funzioni e servizi, realizzato anche attraverso le unioni, che può
prevedere altresì la modifica di circoscrizioni comunali e i criteri per la
corresponsione di contributi e incentivi alla progressiva unificazione. Il programma è
aggiornato ogni tre anni, tenendo anche conto delle unioni costituite ai sensi
dell'articolo 26»;
b) al comma 4, le parole: «di Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti anche con
Comuni di popolazione superiore» sono sostituite dalle seguenti: «dei Comuni» e le
parole: «agli eventuali» sono sostituite dalla seguente: «ai»;
c) il comma 5 è abrogato.
2. L'articolo 12 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal seguente:
«Articolo 12. - Municipi - 1. Lo statuto comunale può prevedere l'istituzione di
municipi nei territori delle comunità di cui all'articolo 11, comma 3.
2. Lo statuto e il regolamento disciplinano l'organizzazione e le funzioni dei municipi,
potendo prevedere anche organi eletti a suffragio universale diretto. Si applicano agli
amministratori dei municipi le norme previste per gli amministratori dei Comuni con pari
popolazione».
3. All'articolo 14, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo la parola:
«programmi» sono inserite le seguenti: «da essa proposti».
4. All'articolo 24 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 3, è aggiunto il
seguente:
«3-bis. Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere anche la
costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli enti
partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti
partecipanti all'accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti
all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti
deleganti».
5. L'articolo 26 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal seguente:
«Articolo 26. - Unioni di Comuni - 1. Le unioni di Comuni sono enti locali costituiti da
due o più Comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una
pluralità di funzioni di loro competenza.
2. L'atto costitutivo e lo statuto dell'unione sono approvati dai consigli dei Comuni
partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo
statuto individua gli organi dell'unione e le modalità per la loro costituzione e
individua altresì le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse.
3. Lo statuto deve comunque prevedere il presidente dell'unione scelto tra i sindaci dei
Comuni interessati e deve prevedere che altri organi siano formati da componenti delle
giunte e dei consigli dei Comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze.
4. Lunione ha potestà regolamentare per la disciplina della propria organizzazione,
per lo svolgimento delle funzioni a essa affidate e per i rapporti anche finanziari con i
Comuni.
5. Alle unioni di Comuni si applicano, in quanto compatibili, i princìpi previsti per
l'ordinamento dei Comuni. Alle unioni competono gli introiti derivanti dalle tasse, dalle
tariffe e dai contributi sui servizi a esse affidati».
6. Dopo l'articolo 26 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è inserito il seguente:
«Articolo 26-bis. - Esercizio associato delle funzioni - 1. Al fine di favorire il
processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture,
le Regioni provvedono a disciplinare, con proprie leggi, nell'ambito del programma
territoriale di cui all'articolo 11, comma 2, le forme di incentivazione dell'esercizio
associato delle funzioni da parte dei Comuni, con l'eventuale previsione nel proprio
bilancio di un apposito fondo. A tale fine, oltre a quanto stabilito dagli articoli 11, 24
e 26, le Regioni si attengono ai seguenti princìpi fondamentali:
a) nella disciplina delle incentivazioni:
1) favoriscono il massimo grado di integrazione tra i Comuni, graduando la corresponsione
dei benefici in relazione al livello di unificazione, rilevato mediante specifici
indicatori con riferimento alla tipologia e alle caratteristiche delle funzioni e dei
servizi associati o trasferiti in modo tale da erogare il massimo dei contributi nelle
ipotesi di massima integrazione;
2) prevedono in ogni caso una maggiorazione dei contributi nelle ipotesi di fusione e di
unione, rispetto alle altre forme di gestione sovracomunale; b) promuovono le unioni di
Comuni, senza alcun vincolo alla successiva fusione, prevedendo comunque ulteriori
benefici da corrispondere alle unioni che autonomamente deliberino, su conforme proposta
dei consigli comunali interessati, di procedere alla fusione».
7. L'adozione delle leggi regionali di cui all'articolo 26-bis della legge 8 giugno 1990,
n. 142, introdotto dal comma 6 del presente articolo, avviene entro diciotto mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge. Trascorso inutilmente tale termine, il
Governo, entro i successivi sessanta giorni, sentite le Regioni inadempienti e la
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
provvede a dettare la relativa disciplina nel rispetto dei principi enunciati nel citato
articolo 26-bis della legge 8 giugno 1990, n. 142. Tale disciplina si applica fino alla
data di entrata in vigore della legge regionale.
8. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il ministro
dell'Interno, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta, con proprio decreto, i criteri per l'utilizzo
delle risorse di cui all'articolo 31, comma 12, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
ARTICOLO 7
Comunità montane
1.L' articolo 28 della legge 8 giugno 1990, n.
142, è sostituito dal seguente:
«Articolo 28. - Comunità montane - 1. Le comunità montane sono unioni montane, enti
locali costituiti fra Comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province
diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l'esercizio di funzioni proprie, di
funzioni delegate e per l'esercizio associato delle funzioni comunali.
2. La comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da
sindaci, assessori o consiglieri dei Comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la
carica con quella di sindaco di uno dei Comuni della comunità. I rappresentanti dei
Comuni della comunità montana sono eletti dai consigli dei Comuni partecipanti con il
sistema del voto limitato.
3. La Regione individua, concordandoli nelle sedi concertative di cui all'articolo 3,
comma 5, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, gli ambiti o le zone omogenee per
la costituzione delle comunità montane, in modo da consentire gli interventi per la
valorizzazione della montagna e l'esercizio associato delle funzioni comunali. La
costituzione della comunità montana avviene con provvedimento del presidente della giunta
regionale.
4. La legge regionale disciplina le comunità montane stabilendo:
a) le modalità di approvazione dello statuto;
b) le procedure di concertazione;
c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;
d) i criteri di ripartizione tra le comunità montane dei finanziamenti regionali e di
quelli dell'Unione europea;
e) i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.
5. La legge regionale può escludere dalla comunità montana i Comuni parzialmente montani
nei quali la popolazione residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per cento
della popolazione complessiva, restando sempre esclusi i capoluoghi di provincia e i
comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. L'esclusione non priva i
rispettivi territori montani dei benefici e degli interventi speciali per la montagna
stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali. La legge regionale può
prevedere, altresì, per un più efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti in
forma associata, l'inclusione dei comuni confinanti, con popolazione non superiore a
20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico della
comunità.
6. Al Comune montano nato dalla fusione dei Comuni il cui territorio coincide con quello
di una comunità montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in
base a norme comunitarie, nazionali e regionali. Tale disciplina si applica anche nel caso
in cui il Comune sorto dalla fusione comprenda Comuni non montani. Con la legge regionale
istitutiva del nuovo comune si provvede allo scioglimento della comunità montana.
7. Le disposizioni di cui al comma 6 possono essere applicate dalle Regioni, d'intesa con
i Comuni interessati, anche all'unione di Comuni il cui territorio coincide con quello di
una comunità montana.
8. Ai fini della graduazione e differenziazione degli interventi di competenza delle
Regioni e delle comunità montane, le Regioni, con propria legge, possono provvedere a
individuare nell'ambito territoriale delle singole comunità montane fasce altimetriche di
territorio, tenendo conto dell'andamento orografico, del clima, della vegetazione, delle
difficoltà nell'utilizzazione agricola del suolo, della fragilità ecologica, dei rischi
ambientali e della realtà socio-economica.
9. Ove in luogo di una preesistente comunità montana vengano costituite più comunità
montane, ai nuovi enti spettano nel complesso i trasferimenti erariali attribuiti all'ente
originario, ripartiti in attuazione dei criteri stabiliti dall'articolo 36 del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni».
2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le Regioni
dispongono, ove occorra o su proposta dei Comuni interessati, il riordino territoriale
delle comunità montane, verificando l'adeguatezza della dimensione delle comunità
montane esistenti, anche rispetto all'attuazione dell'articolo 3 del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112, nonché l'adeguamento degli statuti alle nuove norme sulla
composizione degli organi.
3. Sono abrogati l'articolo 4 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, e il comma 8
dell'articolo 29 della legge 8 giugno 1990, n. 142. In sede di prima applicazione, entro
sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i Comuni adeguano, ove
occorra, le proprie rappresentanze nelle comunità montane ai sensi del comma 2
dell'articolo 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito dal comma 1 del
presente articolo. In caso di mancato adeguamento nei termini indicati, l'organo
rappresentativo e quello esecutivo sono validamente costituiti dai soli rappresentanti dei
Comuni aventi titolo ai sensi del medesimo comma 2.
ARTICOLO 8
Decentramento comunale. Circondari
1.Il comma 4 dell'articolo 13 della legge 8
giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «4. Gli
organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della popolazione delle
circoscrizioni nell'ambito dell'unità del Comune e sono eletti nelle forme stabilite
dallo statuto e dal regolamento».
2. Il comma 5 dell'articolo 13 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal
seguente:
«5. Nei Comuni con popolazione superiore a trecentomila abitanti, lo statuto può
prevedere particolari e più accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia
organizzativa e funzionale, determinando altresì, anche con il rinvio alla normativa
applicabile ai Comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di
decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di elezione, nomina o
designazione. Il consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei
consiglieri assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni
esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della
normativa statutaria».
3. Dopo il comma 1 dell'articolo 16 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è inserito il
seguente:
«1-bis. Nel rispetto della disciplina regionale, in materia di circondario, lo statuto
della Provincia può demandare a un apposito regolamento l'istituzione dell'assemblea dei
sindaci del circondario, con funzioni consultive, propositive e di coordinamento, e la
previsione della nomina di un presidente del circondario indicato a maggioranza assoluta
dall'assemblea dei sindaci e componente del consiglio comunale di uno dei Comuni
appartenenti al circondario. Il presidente ha funzioni di rappresentanza, promozione e
coordinamento. Al presidente del circondario si applicano le disposizioni relative allo
status del presidente del consiglio di Comune con popolazione pari a quella ricompresa nel
circondario».
ARTICOLO 9
Sede degli uffici delle amministrazioni dello Stato
e rapporti tra pubbliche amministrazioni
1.Quando ragioni di economicità e di efficienza lo richiedono, gli uffici periferici delle amministrazioni dello Stato possono essere situati nel capoluogo di provincia o in altro comune della provincia.
ARTICOLO 10
Notificazioni degli atti delle pubbliche amministrazioni
1.Le pubbliche amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni, possono avvalersi, per le notificazioni dei propri atti, dei messi
comunali, qualora non sia possibile eseguire utilmente le notificazioni ricorrendo al
servizio postale o alle altre forme di notificazione previste dalla legge.
2. Al Comune che vi provvede spetta da parte dell'amministrazione richiedente, per ogni
singolo atto notificato, oltre alle spese di spedizione a mezzo posta raccomandata con
avviso di ricevimento, una somma determinata con decreto dei ministri del Tesoro, del
Bilancio e della Programmazione economica, dell'Interno e delle Finanze.
3. L'ente locale richiede, con cadenza semestrale, alle singole Amministrazioni dello
Stato la liquidazione e il pagamento delle somme spettanti per tutte le notificazioni
effettuate per conto delle stesse Amministrazioni, allegando la documentazione
giustificativa. Alla liquidazione e al pagamento delle somme dovute per tutte le
notificazioni effettuate per conto della stessa Amministrazione dello Stato provvede, con
cadenza semestrale, il dipendente ufficio periferico avente sede nella provincia di
appartenenza dell'ente locale interessato. Le entrate di cui al presente comma sono
interamente acquisite al bilancio comunale e concorrono al finanziamento delle spese
correnti.
4. Sono a carico dei Comuni le spese per le notificazioni relative alla tenuta e revisione
delle liste elettorali. Le spese per le notificazioni relative alle consultazioni
elettorali e referendarie effettuate per conto dello Stato, della Regione e della
Provincia, sono a carico degli enti per i quali si tengono le elezioni e i referendum. Ai
conseguenti oneri si provvede a carico del finanziamento previsto dal decreto del ministro
del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica di cui al comma 8 dell'articolo
55 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
5. Il primo comma dell'articolo 12 della legge 20 novembre 1982, n. 890, è sostituito dal
seguente:
«Le norme sulla notificazione degli atti giudiziari a mezzo della posta sono applicabili
alla notificazione degli atti adottati dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo
1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, da
parte dell'ufficio che adotta l'atto stesso».
6. Dopo il quinto comma dell'articolo 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è inserito
il seguente:
«La notificazione dell'ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall'ufficio che adotta
l'atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890».
7. Ciascuna Amministrazione dello Stato individua l'unità previsionale di base alla quale
imputare gli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo entro i limiti delle
relative dotazioni di bilancio.
ARTICOLO 11
Funzionamento dei consigli e delle giunte comunali e provinciali
1.Al comma 1 dell'articolo 31 della legge 8
giugno 1990, n. 142, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il funzionamento dei
consigli, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal
regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità
per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte. Il regolamento
indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute,
prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri
assegnati per legge all'ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della
provincia».
2. All'articolo 31 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 1 è inserito il
seguente:
«1-bis. I consigli sono dotati di autonomia funzionale e organizzativa. Con norme
regolamentari i Comuni e le Province fissano le modalità attraverso le quali fornire ai
consigli servizi, attrezzature e risorse finanziarie, potendo altresì prevedere, per i
Comuni con popolazione superiore a quindicimila abitanti e per le Province, strutture
apposite per il funzionamento dei consigli. Con il regolamento di cui al comma 1 i
consigli disciplinano la gestione di tutte le risorse attribuite per il proprio
funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente costituiti».
3. All'articolo 31 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 3 è inserito il
seguente:
«3-bis. I consigli provinciali e i consigli comunali dei Comuni con popolazione superiore
a quindicimila abitanti sono presieduti da un presidente eletto tra i consiglieri nella
prima seduta del consiglio. Al presidente del consiglio sono attribuiti, tra gli altri, i
poteri di convocazione e direzione dei lavori e delle attività del consiglio. Quando lo
statuto non dispone diversamente, le funzioni vicarie di presidente del consiglio sono
esercitate dal consigliere anziano ai sensi dell'articolo 1, comma 2-ter, della legge 25
marzo 1993, n. 81. Nei Comuni con popolazione sino a quindicimila abitanti lo statuto può
prevedere la figura del presidente del consiglio».
4. Dopo il comma 6 dell'articolo 31 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è inserito il
seguente:
«6-bis. Lo statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle
sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le
cause giustificative».
5. All'articolo 31, comma 7, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive
modificazioni, dopo la parola: «comunale» sono inserite le seguenti: «o provinciale»;
dopo le parole: «il sindaco» sono inserite le seguenti: «o il presidente della
provincia».
6. All'articolo 31 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 7-bis , è inserito il
seguente:
«7-ter. Il presidente del consiglio comunale o provinciale assicura una adeguata e
preventiva informazione ai gruppi consiliari e ai singoli consiglieri sulle questioni
sottoposte al consiglio».
7. All'articolo 33 della legge 8 giugno 1990, n. 142, i commi 1 e 2 sono sostituiti dal
seguente:
«1. La giunta comunale e la giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco
e dal presidente della Provincia, che la presiedono, e da un numero di assessori,
stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato
aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine
il sindaco e il presidente della Provincia, e comunque non superiore a sedici unità».
8. Fino all'adozione delle nuove norme statutarie di cui all'articolo 33, comma 1, della
legge 8 giugno 1990, n. 142, nel testo modificato dal comma 7 del presente articolo, le
giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito
rispettivamente nelle seguenti misure:
a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore
a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10
nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di
provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con
popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti; non superiore a 14 nei comuni con
popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni
con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;
b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a
8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province
a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45
consiglieri.
9. All'articolo 34, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito
dall'articolo 16 della legge 25 marzo 1993, n. 81, le parole da: "unitamente"
fino alla fine del comma sono soppresse.
10. All'articolo 34 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito dall'articolo 16
della legge 25 marzo 1993, n. 81, dopo il comma 2, è inserito il seguente:
«2-bis. Entro il termine fissato dallo statuto , il sindaco o il presidente della
provincia, sentita la giunta, presenta al consiglio le linee programmatiche relative alle
azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato. Lo statuto disciplina altresí i
modi della partecipazione del consiglio alla definizione, all'adeguamento e alla verifica
periodica dell'attuazione delle linee programmatiche da parte del sindaco o del presidente
della provincia e dei singoli assessori».
11. Il comma 3 dell'articolo 34 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito
dall'articolo 16 della legge 25 marzo 1993, n. 81, è abrogato.
12. Il comma 3 dell'articolo 36 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal
seguente:
«3. Il sindaco coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio
comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli
esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonchè, d'intesa con
i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di
apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di
armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli
utenti».
13. È abrogata la legge 13 luglio 1966, n. 611. All'attività di panificazione
autorizzata ai sensi della legge 31 luglio 1956, n. 1002, si applicano gli articoli 11,
comma 4, 12 e 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.
14. Al comma 7 dell'articolo 36 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito
dall'articolo 4, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, sono soppresse le parole:
«della spalla destra» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Distintivo del
presidente della provincia è una fascia di colore azzurro con lo stemma della Repubblica
e lo stemma della propria provincia, da portare a tracolla».
15. All'articolo 37 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, al
comma 2, secondo periodo, dopo le parole: «almeno due quinti dei consiglieri assegnati»
sono inserite le seguenti: «, senza computare a tal fine il sindaco e il presidente della
provincia».
16. All'articolo 38 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 2 è inserito il
seguente:
«2-bis. In casi di emergenza, connessi con il traffico e/o con l'inquinamento atmosferico
o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari
necessità dell'utenza, il sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali,
dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonchè, d'intesa con i responsabili
territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al
pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di
cui al comma 2».
ARTICOLO 12
Trasferimento di competenze dal prefetto al sindaco
1.Sono trasferite al sindaco le competenze del prefetto in materia di informazione della popolazione su situazioni di pericolo per calamità naturali, di cui all'articolo 36 del regolamento di esecuzione della legge 8 dicembre 1970, n. 996, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 1981, n. 66.
ARTICOLO 13
Autonomia organizzativa, ordinamento del personale
e disposizioni in materia di bilancio
1.All'articolo 51 della legge 8 giugno 1990,
n. 142, prima del comma 1 è inserito il seguente:
«01. Ferme restando le disposizioni dettate dalla normativa concernente gli enti locali
dissestati e strutturalmente deficitari di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, i comuni, le province e gli altri enti
locali territoriali, nel rispetto dei princípi fissati dalla presente legge, provvedono
alla determinazione delle proprie dotazioni organiche, nonchè all'organizzazione e
gestione del personale nell'ambito della propria autonomia normativa e organizzativa, con
i soli limiti derivanti dalle proprie capacità di bilancio e dalle esigenze di esercizio
delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti. È conseguentemente abrogato
l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347.
Nell'organizzazione e gestione del personale gli enti locali tengono conto di quanto
previsto dalla contrattazione collettiva di lavoro. Il personale assegnato ai comuni ai
sensi dell'ultimo periodo del comma 46 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1996, n.
662, è collocato in un ruolo sovrannumerario ad esaurimento in attesa che si rendano
liberi posti nell'organico dell'ente di pari livello da destinare, prioritariamente, a
detto personale».
2. Al comma 1 dell'articolo 46 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le parole: «e che al
termine del periodo massimo previsto per la chiamata alle armi non sia stato
incorporato,» sono soppresse; dopo le parole: «polizia municipale» sono inserite le
seguenti: «e delle guardie provinciali»; e dopo le parole: «culturali e ambientali»
sono inserite le seguenti: «, ad attività di vigilanza ittico-venatoria in ambito
provinciale, per servizi di tutela ambientale e di gestione dei beni culturali di
interesse dei comuni».
3. All'articolo 53 della legge 8 giugno 1990, n. 142, il primo periodo del comma 1 è
sostituito dal seguente: «Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al
consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine
alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora
comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in
ordine alla regolarità contabile».
4. Il comma 2 dell'articolo 55 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal
seguente:
«2. I comuni e le province deliberano entro il 31 dicembre il bilancio di previsione per
l'anno successivo, osservando i princípi di unità, annualità, universalità ed
integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. Il termine può essere
differito con decreto del ministro dell'Interno, d'intesa con il ministro del Tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie
locali, in presenza di motivate esigenze».
ARTICOLO 14
Contratti
1.All'articolo 56 della legge 8 giugno 1990,
n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Determinazioni a contrattare e relative
procedure»;
b) al comma 1, le parole: «da apposita deliberazione» sono sostituite dalle seguenti:
«da apposita determinazione del responsabile del procedimento di spesa».
ARTICOLO 15
Interventi nel settore della pubblica istruzione
1.Gli interventi previsti dall'articolo 1-bis
del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 542, convertito, con modificazioni, dalla legge 23
dicembre 1996, n. 649, come modificato dall'articolo 1, comma 5, della legge 2 ottobre
1997, n. 340, devono essere completati entro il 31 dicembre 2004 sulla base di un
programma, articolato in piani annuali attuativi, predisposto dai soggetti o enti
competenti.
2. I soggetti o gli enti di cui al comma 1 rispondono a norma delle vigenti disposizioni
nel caso di mancata effettuazione degli interventi di loro competenza previsti nei singoli
piani.
3. Ai fini di cui al presente articolo le regioni possono anche autorizzare
l'utilizzazione delle eventuali economie comunque rivenienti dai finanziamenti disposti ai
sensi delle leggi indicate nel comma 7 dell'articolo 1 della legge 2 ottobre 1997, n. 340.
Gli adempimenti di cui al decreto del ministro della Pubblica istruzione 29 settembre
1998, n. 382, di competenza degli organi individuati con il decreto del ministro della
Pubblica istruzione 21 giugno 1996, n. 292, emanato ai sensi dell'articolo 30, comma 1,
del decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, devono essere completati entro il 31
dicembre 2000.
CAPO II
Aree metropolitane
ARTICOLO 16
Modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142,
in materia di aree e città metropolitane
1.Il Capo VI della legge 8 giugno 1990, n.
142, è sostituito dal seguente:
«Capo VI - Aree Metropolitane. - Art. 17. - (Aree metropolitane). 1. Sono
considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia,
Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano
con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività
economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonchè alle relazioni culturali e
alle caratteristiche territoriali.
2. Su conforme proposta degli enti locali interessati la regione procede entro centottanta
giorni alla delimitazione territoriale dell'area metropolitana. Qualora la regione non
provveda entro il termine indicato, il Governo, sentita la Conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, invita la regione a
provvedere entro un ulteriore termine, scaduto il quale procede alla delimitazione
dell'area metropolitana.
3. Restano ferme le città metropolitane e le aree metropolitane definite dalle regioni a
statuto speciale.
Art. 18 - (Città metropolitane). 1. Nelle aree metropolitane di cui all'articolo
17, il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguità territoriale e da
rapporti di stretta integrazione in ordine all'attività economica, ai servizi essenziali,
ai caratteri ambientali, alle relazioni sociali e culturali possono costituirsi in città
metropolitane ad ordinamento differenziato.
2. A tale fine, su iniziativa degli enti locali interessati, il sindaco del comune
capoluogo e il presidente della provincia convocano l'assemblea degli enti locali
interessati. L'assemblea, su conforme deliberazione dei consigli comunali, adotta una
proposta di statuto della città metropolitana, che ne indichi il territorio,
l'organizzazione, l'articolazione interna e le funzioni.
3. La proposta di istituzione della città metropolitana è sottoposta a referendum a cura
di ciascun comune partecipante, entro centottanta giorni dalla sua approvazione. Se la
proposta riceve il voto favorevole della maggioranza degli aventi diritto al voto espressa
nella metà più uno dei comuni partecipanti, essa è presentata dalla regione entro i
successivi novanta giorni ad una delle due Camere per l'approvazione con legge.
4. All'elezione degli organi della città metropolitana si procede nel primo turno utile
ai sensi della legge 7 giugno 1991, n. 182, e successive modificazioni.
5. La città metropolitana, comunque denominata, acquisisce le funzioni della provincia;
attua il decentramento previsto dallo statuto, salvaguardando l'identità delle originarie
collettività locali.
6. Quando la città metropolitana non coincide con il territorio di una provincia, si
procede alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali o all'istituzione di
nuove province, anche in deroga alle previsioni di cui all'articolo 16, considerando
l'area della città come territorio di una nuova provincia. Le regioni a statuto speciale
possono adeguare il proprio ordinamento ai princípi contenuti nel presente comma.
7. Le disposizioni del comma 6 possono essere applicate anche in materia di riordino, a
opera dello Stato, delle circoscrizioni provinciali nelle regioni a statuto speciale nelle
quali siano istituite le aree metropolitane previste dalla legislazione regionale.
Art. 19 - (Esercizio coordinato di funzioni). - 1. Fino allistituzione della città
metropolitana, la regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può definire
ambiti sovracomunali per lesercizio coordinato delle funzioni degli enti locali,
attraverso forme associative e di cooperazione, nelle seguenti materie:
a) pianificazione territoriale;
b) reti infrastrutturali e servizi a rete;
c) piani di traffico intercomunali;
d) tutela e valorizzazione dellambiente e rilevamento dellinquinamento
atmosferico;
e) interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica;
f) raccolta, distribuzione e depurazione delle acque;
g) smaltimento dei rifiuti;
h) grande distribuzione commerciale;
i) attività culturali;
l) funzioni dei sindaci ai sensi dellarticolo 36, comma 3.
Art. 20 - (Revisione delle circoscrizioni territoriali). - 1. Istituita la città
metropolitana, la regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può procedere
alla revisione delle circoscrizioni territoriali dei comuni compresi nellarea
metropolitana».
ARTICOLO 17
Norme transitorie
1.Previa deliberazione favorevole dei consigli
comunali interessati, sono fatti salvi gli atti e i procedimenti posti in essere, ai fini
della delimitazione di aree metropolitane e della istituzione di città metropolitane,
dalle regioni e dagli enti locali sulla base delle norme vigenti fino alla data di entrata
in vigore della presente legge.
2. Le procedure concernenti il riordino territoriale e lattribuzione di funzioni
già iniziate alla data di entrata in vigore della presente legge sono ultimate osservando
la disciplina di cui alla legge medesima.
3. La legge istitutiva della città metropolitana stabilisce i termini per il
conferimento, da parte della regione, dei compiti e delle funzioni amministrative in base
ai princípi dellarticolo 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e le
modalità per lesercizio dellintervento sostitutivo da parte del Governo in
analogia a quanto previsto dallarticolo 3, comma 4, del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112.
CAPO III
Disciplina dello status
degli amministratori locali
ARTICOLO 18
Disposizioni generali
1.La Repubblica tutela il diritto di ogni
cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali
ad espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari e
usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei modi e nei limiti previsti dalla legge.
2. Il presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi e delle
indennità degli amministratori degli enti locali. Per amministratori si intendono i
sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche
metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali e provinciali, i
presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli
assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei
consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.
3. Per gli amministratori degli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati
e finché previsti, la regione può adeguare la disciplina del relativo status, quanto ai
permessi e alle aspettative, ai principi e ai criteri contenuti nelle disposizioni di cui
al presente capo. Fino allapprovazione delle leggi regionali le regioni possono a
richiesta collocare i presidenti, e i vice presidenti ove previsti, in aspettativa non
retribuita ai sensi dellarticolo 22, con oneri previdenziali a carico degli stessi
Istituti. I componenti dei consigli di amministrazione dei suddetti Istituti possono
parimenti richiedere di usufruire dei permessi di cui allarticolo 24, commi 3 e 4.
ARTICOLO 19
Condizione giuridica
degli amministratori locali
1.Gli amministratori di cui allarticolo
18, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione e alla votazione di
delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado.
Lobbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere
generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione
immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi
dellamministratore o di parenti o affini fino al quarto grado. I componenti la
giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici
devono astenersi dallesercitare attività professionale in materia di edilizia
privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.
2. Nel caso di piani urbanistici, ove la correlazione immediata e diretta di cui al comma
1 sia stata dimostrata con sentenza passata in giudicato, le parti di strumento
urbanistico che costituivano oggetto della correlazione sono annullate e sostituite
mediante nuova variante urbanistica parziale. Durante laccertamento di tale stato di
correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici
interessi dellamministratore o di parenti o affini è sospesa la validità delle
relative disposizioni del piano urbanistico.
3. Il comportamento degli amministratori, nellesercizio delle proprie funzioni, deve
essere improntato allimparzialità e al principio di buona amministrazione, nel
pieno rispetto della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità degli
amministratori di cui allarticolo 18, comma 2, e quelle proprie dei dirigenti delle
rispettive amministrazioni.
4. Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere
soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante lesercizio del
mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene
svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di
priorità. Nellassegnazione della sede per lespletamento del servizio militare
di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori locali la priorità
per la sede di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a questa più vicine.
Il servizio sostitutivo di leva non può essere espletato nellente nel quale il
soggetto è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima
amministrazione.
ARTICOLO 20
Termine per la rimozione di cause di ineleggibilità o di incompatibilità
1.Allarticolo 7 della legge 23 aprile 1981, n. 154, dopo il quarto comma è inserito il seguente: «Nel caso in cui venga proposta azione di accertamento in sede giurisdizionale, il termine di dieci giorni previsto dal quarto comma decorre dalla data di notificazione del ricorso».
ARTICOLO 21
Modifica allarticolo 6 del Testo unico approvato con decreto
del Presidente della Repubblica
n. 570 del 1960
1.Allarticolo 6 del Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, le parole: «chi ricopre la carica di assessore provinciale» sono soppresse.
ARTICOLO 22
Aspettative
1.Gli amministratori locali di cui allarticolo 18, comma 2, che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova.
ARTICOLO 23
Indennità
1.Il decreto di cui al comma 9 del presente
articolo determina una indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo,
per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente
della comunità montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali, i presidenti dei
consigli comunali e provinciali, nonché i componenti degli organi esecutivi dei comuni e
ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle
comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità
è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto laspettativa.
2. Fino allemanazione del decreto di cui al comma 9, agli assessori dei comuni
capoluogo di provincia con popolazione inferiore a cinquantamila abitanti può essere
attribuita lindennità prevista per i comuni della classe superiore la cui
popolazione è da cinquantamila a centomila abitanti, in ordine ai quali si prevede il
limite del sessanta per cento per lindennità degli assessori rispetto
allammontare delle indennità previste per il sindaco.
3. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno
diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la
partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso lammontare percepito
nellambito di un mese da un consigliere può superare limporto pari a un terzo
dellindennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al
decreto di cui al comma 9.
4. Ai soli fini dellapplicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra
pensione e redditi, le indennità di cui ai commi precedenti non sono assimilabili ai
redditi da lavoro di qualsiasi natura.
5. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che allinteressato
competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di
funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per lente pari o minori
oneri finanziari. Il regime di indennità di funzione per i consiglieri prevede
lapplicazione di detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza
dalle sedute degli organi collegiali.
6. Le indennità di funzione previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili.
Linteressato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la
percezione del 50 per cento di ciascuna.
7. Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza quando siano dovuti
per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.
8. Agli amministratori ai quali viene corrisposta lindennità di funzione prevista
dal presente capo non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi
collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quellorgano costituiscono
articolazioni interne ed esterne.
9. La misura minima delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al
presente articolo è determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato,
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del
ministro dellInterno, adottato, di concerto con il ministro del Tesoro, del bilancio
e della programmazione economica, ai sensi dellarticolo 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, nel rispetto
dei seguenti criteri:
a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;
b) articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti,
tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle
entrate proprie dellente rispetto al totale delle entrate, nonché
dellammontare del bilancio di parte corrente;
c) articolazione dellindennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei
vice-sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri che
hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il
sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni
di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le
indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla
popolazione dellunione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione
montana della comunità montana;
d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle città
metropolitane in relazione alle particolari funzioni a esse assegnate.
e) determinazione dellindennità spettante al presidente della provincia e al
sindaco dei comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti, comunque non inferiore
al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i
comuni con popolazione inferiore a diecimila abitanti, nella determinazione
dellindennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale del segretario
comunale;
f) previsione dellintegrazione dellindennità dei sindaci e dei presidenti di
provincia, a fine mandato, con una somma pari a una indennità mensile, spettante per
ciascun anno di mandato.
10. Il decreto ministeriale di cui al comma 9 è rinnovato ogni tre anni ai fini
delladeguamento della misura minima delle indennità e dei gettoni di presenza sulla
base della media degli indici annuali dellIstat di variazione del costo della vita
applicando, alle misure stabilite per lanno precedente, la variazione verificatasi
nel biennio nellindice dei prezzi al consumo rilevata dallIstat e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio e al mese di giugno di
termine del biennio. Su richiesta della Conferenza Stato-città e autonomie locali si puó
procedere alla revisione del decreto ministeriale di cui al comma 9 con la medesima
procedura ivi indicata.
11. Le indennità e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 9, possono
essere incrementati o diminuiti con delibera rispettivamente di giunta e di consiglio. Nel
caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota
predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto
alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 9. Sono esclusi dalla
possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario.
ARTICOLO 24
Permessi e licenze
1.I lavoratori dipendenti, pubblici e privati,
componenti dei consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle comunità montane e
delle unioni di comuni, nonché dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione
superiore a 500.000 abitanti, hanno diritto di assentarsi dal servizio per lintera
giornata in cui sono convocati i rispettivi consigli. Nel caso in cui i consigli si
svolgano in orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere il lavoro
prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in cui i lavori dei consigli si
protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio per
lintera giornata successiva.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresì nei confronti dei militari di
leva o richiamati e di coloro che svolgono il servizio sostitutivo previsto dalla legge.
Ai sindaci, ai presidenti di provincia, ai presidenti delle comunità montane che svolgono
servizio militare di leva o che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo,
spetta, a richiesta, una licenza illimitata in attesa di congedo per la durata del
mandato.
3. I lavoratori dipendenti facenti parte delle giunte comunali, provinciali,
metropolitane, delle comunità montane, nonché degli organi esecutivi dei consigli
circoscrizionali, dei municipi, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali,
ovvero facenti parte delle commissioni consiliari o circoscrizionali formalmente istituite
nonché delle commissioni comunali previste per legge, ovvero membri delle conferenze dei
capigruppo e degli organismi di pari opportunità, previsti dagli statuti e dai
regolamenti consiliari, hanno diritto di assentarsi dal servizio per partecipare alle
riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata. Il diritto di
assentarsi di cui al presente comma comprende il tempo per raggiungere il luogo della
riunione e rientrare al posto di lavoro. Le disposizioni di cui al presente comma si
applicano altresì nei confronti dei militari di leva o di coloro che sono richiamati o
che svolgono il servizio sostitutivo.
4. I componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle città
metropolitane, delle unioni di comuni, delle comunità montane e dei consorzi fra enti
locali, e i presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonché i
presidenti dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione superiore a
quindicimila abitanti, hanno diritto, oltre ai permessi di cui ai precedenti commi, di
assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per un massimo di 24 ore lavorative al mese,
elevate a 48 ore per i sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani,
presidenti delle comunità montane, presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con
popolazione superiore a trentamila abitanti.
5. Le assenze dal servizio di cui ai commi precedenti sono retribuite al lavoratore dal
datore di lavoro. Gli oneri per i permessi retribuiti sono a carico dellente presso
il quale i lavoratori dipendenti esercitano le funzioni pubbliche di cui ai commi
precedenti. Lente, su richiesta documentata del datore di lavoro, è tenuto a
rimborsare quanto dallo stesso corrisposto, per retribuzioni e assicurazioni, per le ore o
giornate di effettiva assenza del lavoratore. Il rimborso viene effettuato dallente
entro 30 giorni dalla richiesta. Le somme rimborsate sono esenti da imposta sul valore
aggiunto ai sensi dellarticolo 8, comma 35, della legge 11 marzo 1988, n. 67.
6. I lavoratori dipendenti di cui al presente articolo hanno diritto a ulteriori permessi
non retribuiti sino a un massimo di 24 ore lavorative mensili qualora risultino necessari
per lespletamento del mandato.
ARTICOLO 25
Rimborsi spese e indennità di missione
1.Agli amministratori che, in ragione del loro
mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa
autorizzazione del capo dellamministrazione, nel caso di componenti degli organi
esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il
rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute nonché la indennità di missione
alle condizioni previste dallarticolo 1, primo comma, e dallarticolo 3, primo
e secondo comma, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e per lammontare stabilito al
numero 2) della tabella A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni.
2. Larticolo 35-ter del decreto legge 28 febbraio 1983, n. 55, convertito, con
modificazioni, dalla legge 26 aprile 1983, n. 131, e successive modificazioni, è
sostituito dal seguente:
«Art. 35-ter - 1. Le norme stabilite dalle vigenti disposizioni di legge, relative alla
posizione, al trattamento e ai permessi dei lavoratori pubblici e privati chiamati a
funzioni elettive, si applicano anche per la partecipazione dei rappresentanti degli enti
locali alle associazioni internazionali, nazionali e regionali tra enti locali. Le spese
che gli enti locali ritengono di sostenere, per la partecipazione dei componenti dei
propri organi alle riunioni e alle attività degli organi nazionali e regionali delle
associazioni, fanno carico ai bilanci degli enti stessi».
3. La liquidazione del rimborso delle spese o dellindennità di missione è
effettuata dal dirigente competente, su richiesta dellinteressato, corredata della
documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una
dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.
4. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il
rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute,
per la partecipazione a ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed
esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo
svolgimento delle funzioni proprie o delegate.
5. I consigli e le assemblee possono sostituire allindennità di missione il
rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando con regolamento i casi in cui
si applica luno o laltro trattamento.
ARTICOLO 26
Oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi
e disposizioni fiscali e assicurative
1.Lamministrazione locale prevede a
proprio carico, dandone comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, il versamento degli
oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi ai rispettivi istituti per i sindaci,
per i presidenti di provincia, per i presidenti di comunità montane, di unioni di comuni
e di consorzi fra enti locali, per gli assessori provinciali e per gli assessori dei
comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, che si trovino nelle condizioni
previste dallarticolo 22, per i presidenti dei consigli dei comuni con popolazione
superiore a cinquantamila abitanti, per i presidenti dei consigli provinciali, per i
presidenti dei consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro
confronti un effettivo decentramento di funzioni e per i presidenti delle aziende anche
consortili fino allapprovazione della riforma in materia di servizi pubblici locali.
2. Agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le
cariche di cui al comma 1 lamministrazione locale provvede, allo stesso titolo
previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote
mensili. Con decreto dei ministri dellInterno, del lavoro e della previdenza sociale
e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabiliti i criteri per
la determinazione delle quote forfettarie in coerenza con quanto previsto per i lavoratori
dipendenti, da conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto era iscritto
o continua a essere iscritto alla data dellincarico.
3. Lamministrazione locale provvede, altresì, a rimborsare al datore di lavoro la
quota annuale di accantonamento per lindennità di fine rapporto entro i limiti di
un dodicesimo dellindennità di carica annua da parte dellente e per
leventuale residuo da parte dellamministratore.
4. Alle indennità di funzione e ai gettoni di presenza si applicano le disposizioni di
cui allarticolo 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
5. I comuni, le province, le comunità montane, le unioni di comuni e i consorzi fra enti
locali possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti
all'espletamento del loro mandato.
6. Al fine di conferire certezza alla posizione previdenziale e assistenziale dei soggetti
destinatari dei benefici di cui al comma 1 è consentita l'eventuale ripetizione degli
oneri assicurativi, assistenziali e previdenziali, entro cinque anni dalla data del loro
versamento, se precedente la data di entrata in vigore della presente legge, ed entro tre
anni se successiva.
7. Dopo il comma 7 dell'articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, come
sostituito dall'articolo 3, comma 1, lettera c), numero 4), del decreto legislativo 29
giugno 1998, n. 278, è inserito il seguente: «7-bis. Le disposizioni di cui al comma 7
si applicano anche agli amministratori degli enti locali territoriali e ai componenti dei
consigli regionali; gli enti locali territoriali e le regioni possono provvedere a loro
carico».
8. Il termine per l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 7 agli amministratori
locali e ai componenti dei consigli regionali è fissato in sei mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge. Sono comunque da considerare valide le basi contributive
sulle quali l'Inps abbia, anche solo temporaneamente, accettato il versamento di
contributi.
ARTICOLO 27
Consigli di amministrazione delle aziende speciali
1.Fino all'approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali, ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali anche consortili si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 19, comma 1, nell'articolo 22, nell'articolo 24, commi 3 e 4, nell'articolo 25, comma 2, e nell'articolo 26.
ARTICOLO 28
Disposizioni finali e norme
di abrogazione
1.Sono fatte salve le leggi regionali vigenti
in materia di aree metropolitane, esercizio associato delle funzioni comunali e di
attuazione degli articoli 14 e 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142.
2. La disciplina di cui all'articolo 2 della legge 27 dicembre 1985, n. 816, come
autenticamente interpretata dall'articolo 8-ter del decreto legge 18 gennaio 1993, n. 8,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, si applica a tutti i
lavoratori dipendenti eletti negli organi esecutivi degli enti locali a decorrere dalla
data di entrata in vigore della legge 27 dicembre 1985, n. 816.
3. L'articolo 8 e tutte le altre disposizioni della legge 27 dicembre 1985, n. 816,
incompatibili con la normativa introdotta dal presente capo, sono abrogati.
4. Sono abrogati il Testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio
decreto 4 febbraio 1915, n. 148, fatto salvo quanto previsto al comma 5 del presente
articolo, l'articolo 279 del Testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con
regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, e sono contestualmente abrogate tutte le norme
incompatibili con la presente legge.
5. Le disposizioni degli articoli 125, 127 e 289 del Testo unico della legge comunale e
provinciale, approvato con regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148, si applicano fino
all'adozione delle modifiche statutarie e regolamentari previste dalla presente legge.
6. Le disposizioni del presente capo non si applicano alle amministrazioni locali in
scadenza entro il 31 dicembre 1999.
7. Le disposizioni contenute nella presente legge si applicano alle regioni a statuto
speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nei limiti e nel rispetto degli
statuti e delle norme di attuazione.
CAPO IV
Norme finali
ARTICOLO 29
Modifica alla legge 19 marzo 1990, n. 55
1.All'articolo 15-bis, comma 6-quater, della legge 19 marzo 1990, n. 55, le parole: «Le disposizioni di cui al comma 6-ter» sono sostituite dalle seguenti: «Le disposizioni di cui ai commi 6-bis, 6-ter e 6-septies».
ARTICOLO 30
Anagrafe degli amministratori locali
1.Avvenuta la proclamazione degli eletti, la
Direzione centrale per i servizi elettorali del ministero dell'Interno raccoglie i dati
relativi agli eletti a cariche locali e regionali nella apposita anagrafe degli
amministratori locali nonché i dati relativi alla tenuta ed all'aggiornamento anche in
corso di mandato.
2. L'anagrafe è costituita dalle notizie relative agli eletti nei comuni, province e
regioni concernenti i dati anagrafici, la lista o gruppo di appartenenza o di
collegamento, il titolo di studio e la professione esercitata. I dati sono acquisiti
presso comuni, province e regioni, anche attraverso i sistemi di comunicazione telematica.
3. Per gli amministratori comunali e provinciali non elettivi l'anagrafe è costituita dai
dati indicati al comma 2 consensualmente forniti dagli amministratori stessi.
4. Al fine di assicurare la massima trasparenza è riconosciuto a chiunque il diritto di
prendere visione ed estrarre copia, anche su supporto informatico, dei dati contenuti
nell'anagrafe.
ARTICOLO 31
Testo unico in materia di ordinamento degli enti locali
1.Il Governo della Repubblica è delegato ad
adottare, con decreto legislativo, un Testo unico nel quale sono riunite e coordinate le
disposizioni legislative vigenti in materia di ordinamento dei comuni e delle province e
loro forme associative. Il decreto è emanato, entro il termine di un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione del Consiglio dei ministri,
su proposta del ministro dell'Interno. Si applica, in quanto compatibile, il comma 4
dell'articolo 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50.
2. Il Testo unico contiene le disposizioni sull'ordinamento in senso proprio e sulla
struttura istituzionale, sul sistema elettorale, ivi comprese l'ineleggibilità e
l'incompatibilità, sullo stato giuridico degli amministratori, sul sistema finanziario e
contabile, sui controlli, nonché norme fondamentali sull'organizzazione degli uffici e
del personale, ivi compresi i segretari comunali.
3. Nella redazione del Testo unico si avrà riguardo in particolare, oltre alla presente
legge, alle seguenti:
a) Testo unico approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383;
b) legge 10 febbraio 1953, n. 62;
c) legge 3 dicembre 1971, n. 1102;
d) legge 23 marzo 1981, n. 93;
e) legge 23 aprile 1981, n. 154;
f) legge 27 dicembre 1985, n. 816;
g) legge 8 giugno 1990, n. 142;
h) legge 25 marzo 1993, n. 81;
i) legge 31 gennaio 1994, n. 97;
l) decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77;
m) legge 15 marzo 1997, n. 59, e relativi decreti legislativi di attuazione;
n) legge 15 maggio 1997, n. 127.
ARTICOLO 32
Occupazione d'urgenza di immobili
1.L'amministrazione comunale puó disporre, in presenza dei presupposti di cui alla legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni, l'occupazione d'urgenza degli immobili necessari per la realizzazione di opere e lavori pubblici o di pubblico interesse, compresi gli interventi di edilizia residenziale pubblica e quelli necessari per servizi pubblici locali di cui al Capo VII della legge 8 giugno 1990, n. 142. Per le opere ed i lavori di cui al precedente periodo la redazione dello stato di consistenza puó avvenire contestualmente al verbale di immissione nel possesso ai sensi dell'articolo 3 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni.
ARTICOLO 33
Norma interpretativa
1.La disposizione del comma 33 dell'articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, va interpretata nel senso che sono esclusi dal controllo preventivo di legittimità i regolamenti di competenza del consiglio attinenti all'autonomia organizzativa e contabile dello stesso consiglio. Sono fatti salvi gli effetti dei regolamenti del consiglio in materia organizzativa e contabile adottati successivamente alla data di entrata in vigore della legge 15 maggio 1997, n. 127, e non sottoposti al controllo, nonché degli atti emanati in applicazione di detti regolamenti.
ARTICOLO 34
Disposizioni in materia di personale di custodia
e di edifici delle case mandamentali
1.Salvo quanto previsto dal comma 3 del
presente articolo, le case mandamentali esistenti, funzionanti o meno, sono soppresse con
decreto del ministro di Grazia e giustizia, di concerto con il ministro dell'Interno,
sentiti i comuni interessati, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge.
2. Il personale in servizio presso le case mandamentali soppresse puó essere inquadrato,
a richiesta dei singoli enti, negli organici dei comuni da cui attualmente dipende, entro
dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il personale non
inquadrato è posto in disponibilità ai sensi degli articoli 35 e 35-bis del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dal decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 80. Fino al completamento delle procedure di inquadramento o di mobilità e, comunque,
non oltre ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è
corrisposto ai comuni, da parte del ministero dell'Interno, un rimborso annuo posticipato
pari all'effettivo onere sostenuto per il trattamento economico e previdenziale del
personale sopra indicato. Con decreto del ministro dell'Interno sono definite le modalità
di certificazione e di rimborso. Salvo quanto previsto nel primo e nel secondo periodo del
presente comma, il personale delle case mandamentali soppresse è inquadrato in
soprannumero negli organici del ministero di Grazia e giustizia.
3. Le case mandamentali ritenute idonee per condizioni strutturali, capienza ed
economicità gestionale mantengono l'attuale destinazione penitenziaria. Il personale
delle suddette case mandamentali è inquadrato in soprannumero negli organici del
ministero di Grazia e giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria.
4. Gli immobili e le pertinenze delle case mandamentali soppresse, salvo che appartengano
al patrimonio dello Stato, rientrano nella disponibilità dei comuni. Per gli edifici in
corso di costruzione, i relativi mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti ai sensi
dell'articolo 19 della legge 30 marzo 1981, n. 119, possono essere utilizzati per il
finanziamento delle opere che si rendono necessarie per adeguare detti edifici ad una
destinazione d'uso diversa da quella originaria.
5. Gli immobili e le pertinenze delle case mandamentali di cui al comma 3, ivi compresi
quelli in costruzione nonché quelli già destinati a case circondariali o sezioni di case
circondariali, qualora realizzati con il finanziamento previsto dalla legge 30 marzo 1981,
n. 119, o che non appartengono già allo Stato, sono trasferiti senza oneri al patrimonio
dello Stato, con decreto interministeriale del ministero di Grazia e giustizia e del
ministero delle Finanze e concessi in uso all'Amministrazione penitenziaria. Nel caso di
edifici costruiti o in costruzione destinati a sostituire edifici già adibiti a case
mandamentali, sono trasferite al patrimonio dello Stato solo le nuove strutture allorché
ultimati i lavori. Gli immobili in corso di costruzione a cura dei comuni sono dagli
stessi ultimati nell'ambito dei finanziamenti già assentiti dalla Cassa depositi e
prestiti e successivamente trasferiti al patrimonio dello Stato.
6. All'onere derivante dall'attuazione del comma 2, il ministro del Tesoro, del bilancio e
della programmazione economica, con proprio decreto, provvede mediante riduzione dello
stanziamento iscritto nell'ambito dell'unità previsionale di base 5.1.2.2 «Contributo ai
comuni per la gestione delle carceri mandamentali» dello stato di previsione del
ministero di Grazia e giustizia per l'anno 1999, e corrispondente incremento dello stato
di previsione del ministero dell'Interno per il medesimo anno. Per i successivi esercizi
finanziari i fondi saranno assegnati direttamente allo stato di previsione del ministero
dell'Interno.
7. All'onere derivante dall'attuazione del comma 3, il ministro del Tesoro, del bilancio e
della programmazione economica, con proprio decreto, provvede mediante riduzione dello
stanziamento iscritto nell'ambito dell'unità previsionale di base 5.1.2.2 «Contributo ai
comuni per la gestione delle carceri mandamentali» dello stato di previsione del
ministero di Grazia e giustizia per l'anno 1999, e corrispondente incremento dell'unità
previsionale di base 5.1.1.0 «Funzionamento» del medesimo stato di previsione.
8. La legge 5 agosto 1978, n. 469, è abrogata.
ARTICOLO 35
Disposizione finanziaria
1.All'onere finanziario derivante dall'attuazione della presente legge provvedono gli enti interessati, senza alcun onere per il bilancio dello Stato.