Linee guida per la gestione del territorio agricolo collinare

La guida in questione  è rivolta ad aziende, coltivatori individuali, proprietari limitrofi a corsi d’acqua ed è stata realizzata dal Comune di Jesi - Assessorato ai Lavori Pubblici, in collaborazione con la Regione Marche - Servizio Valorizzazione Terreni Agricoli e Forestali e  l'Assam - Corpo Forestale dello Stato.

Una corretta gestione del territorio collinare può consentire di prevenire rischi per la collettività e dissesti ambientali piccoli e grandi. E' quindi dovere e responsabilità di tutti lavorare e operare secondo criteri di SOSTENIBILITA' AMBIENTALE, rispettando le leggi esistenti e applicando le tecniche agronomiche più confacenti e adatte alla situazione particolare.

Lo scopo principale del presente manuale è quello di orientare privati e aziende agricole al mantenimento in efficienza del reticolo di drenaggio superficiale, salvaguardando anche il ruolo ecologico svolto dalle siepi e dai filari che lo fiancheggiano. Nel testo si indicano sommariamente le soluzioni tecniche impiegabili per il raggiungimento degli obbiettivi, fermo rimanendo il necessario supporto tecnico che deve essere fornito da tecnici qualificati (agronomi, forestali, geometri, ingegneri, etc.) previa analisi sul campo. Le aziende agricole possono rivolgersi per tali consulenze specialistiche alle proprie associazioni di categoria, mentre per privati cittadini o coltivatori residenti nel BACINO DEL FOSSO ACQUATICCIO l’Amministrazione Comunale ha attivato un PROGETTO SPERIMENTALE, che comprende le seguenti attività:

* redazione di un censimento del bacino, con individuazione del reticolo esistente di fossi e canali;
* gestione diretta di alcuni interventi sulle sponde con tecniche di INGEGNERIA NATURALISTICA;
* assemblee con gli abitanti locali, sensibilizzazione e orientamento;
* consulenza specialistica gratuita ai privati, con sopralluoghi di professionisti qualificati;
* fornitura gratuita ai privati di piante radicate (arboree o arbustive) da siepe;
* indicazione gratuita ai privati delle corrette pratiche di gestione del terreno agricolo;
* individuazione e suggerimento gratuito ai privati delle linee di deflusso da ricostruire;
* consulenza e suggerimento gratuito sulla possibilità di trattamento scarichi con FITODEPURAZIONE.

Se sei interessato all’argomento e la tua proprietà è in terreni collinari, leggi il testo successivo.

Se oltre a ciò la tua proprietà ricade nel BACINO DEL FOSSO ACQUATICCIO, puoi telefonare all’Ufficio Riqualificazione Aree Verdi e Corsi d’Acqua del Comune allo 0731- 538326 fra le 9 e le 13 dei giorni feriali, sabato compreso, e ti verrà spiegato come puoi beneficiare dei servizi gratuiti sopra elencati.

Se sei titolare di azienda agricola, puoi rivolgerti alla tua associazione di categoria, agli indirizzi elencati al fondo dell’opuscolo, e avrai informazioni tecniche e suggerimenti sui possibili benefici e contributi economici di cui puoi avvalerti.

--------
MANUALE SULLA GESTIONE DEL TERRITORIO AGRICOLO COLLINARE

1. Quale agricoltura è consigliabile in collina?
2. Quali sono le problematiche ambientali legate all'agricoltura collinare?
3. Perché sono importanti le siepi nelle zone agricole?
4. Quale è il ruolo della sostanza organica nella prevenzione dei dissesti?
5. Quali sono le pratiche agricole consigliabili?
6. Quali sono gli obblighi dei proprietari frontisti a fossi o torrenti?
7. Quali sono le buone norme per gestire il deflusso delle acque in collina?

1. QUALE AGRICOLTURA CONSIGLIABILE IN COLLINA?

L’agricoltura come noi la conosciamo può produrre dei problemi di inquinamento di falde, di dissesto idrogeologico, di scarsità idrica, di perdita di fertilità e di peggioramento della struttura del terreno: alcuni di questi problemi trovano in parte soluzione nella AGRICOLTURA BIOLOGICA, che lavora in coerenza con la natura e con i suoi cicli.

I vantaggi oggi riscontrabili in situazioni collinari sono molteplici:

* Non si impiegano concimi chimici, pesticidi e diserbanti, che nei suoli collinari vengono più facilmente dilavati.
* Non si operano rovesciamenti del suolo tramite lavorazioni profonde, si migliora il terreno tramite ammendanti naturali, ed in questo modo la struttura del terreno è più coesa e resistente a ruscellamento.
* Si attuano rotazioni e messe a riposo, in questo modo rimane a lungo un rivestimento erbaceo del suolo che impedisce dilavamento dei nutrienti ed erosioni.
* Le colture sono consone al luogo, con minori necessità di irrigazioni e quindi meno problemi per il mantenimento di una minima disponibilità idrica nei fossi.
* Si salvaguardano le siepi e le boscaglie, con beneficio per la popolazione faunistica, la stabilità dei versanti e il mantenimento di fossi e canalizzazioni.

Se le colture sono per autoconsumo è senz’altro consigliabile attuare subito la transizione ad agricoltura biologica, mentre le aziende produttive possono avvalersi della consulenza delle associazioni di categoria e della AMAB (Associazione Marchigiana per l’Agri-coltura Biologica) per iniziare la conversione aziendale. Le stesse associazioni possono anche aiutare le imprese nella ricerca di contributi o di aiuti per attuare la conversione, che è incentivata dalle nuove politiche comunitarie.

2. QUALI SONO LE PROBLEMATICHE AMBIENTALI LEGATE ALL’AGRICOLTURA COLLINARE?

Un grande problema di questi ultimi decenni è l’aumento delle piene e delle inondazioni causate dall’aumento della velocità di scorrimento delle acque: dove prima c’era un ritardo naturale (asperità di sponde, vegetazione, etc.), oggi ci sono sempre meno ostacoli che frenano l’acqua, e questo fatto contribuisce all’inaridimento del suolo e all’aumento di pericolosità degli eventi di piena.

Particolarmente grave è Il dilavamento delle sostanze fertili nei terreni agricoli collinari: se l’erosione non viene arrestata prima che arrivi agli strati non lavorabili, cioè rocciosi o sterili, potrebbe danneggiare irreversibilmente gli assetti agronomico-ambientali.

L’erosione su un terreno agricolo non dipende solamente dal ruscellamento dell’acqua superficiale, ma anche e principalmente dall’azione battente delle gocce d’acqua, che alterano la struttura superficiale del suolo con rottura degli aggregati meno stabili e aumento conseguente del ruscellamento (splash-erosion). Per prevenire l’azione battente sul suolo si dovrebbe evitare il più possibile di lasciare il terreno a maggese nudo, soprattutto nei periodi di alta probabilità di pioggia (corrispondenti all’inizio primavera ed all’autunno inoltrato).

Anche l’agricoltura può contribuire a determinare i problemi sopra nominati, attraverso l’eliminazione (spesso illegale) di fossi naturali e canalizzazioni, di vecchie sistemazioni agrarie quali terrazzamenti o gradonamenti.

3. PERCHE' SONO IMPORTANTI LE SIEPI NELLE ZONE AGRICOLE?

Le piantagioni arbustive hanno benefici effetti negli ambienti antropizzati, e possono servire sia per realizzare esemplari isolati, sia per edificare il sottobosco di macchie arboree, sia per costruire elementi lineari lungo strade, confini o fossi (siepi). Perciò le norme del PRG comunale le vincolano e ne vietano l’abbattimento su tutto il territorio agricolo.

Le siepi arbustive o miste arbustive-arboree sono particolarmente importanti, in quanto svolgono molte funzioni utili:

1) ombreggiano il suolo, riducendo la traspirazione delle zone contigue e quindi la necessità di irrigazioni;

2) se frammiste con alberature, proteggono dal vento (siepi frangivento) riducendo i rischi di gelate nei periodi freddi e l’evapotraspirazione (e quindi la necessitàdi irrigazioni) nei periodi estivi;

3) costituiscono luogo di rifugio e di sosta per animali selvatici e piante spontanee e se di adeguate dimensioni possono essere una vera e propria "rete" di percorsi per la natura (corridoi naturalistici);

4) possono ospitare molte specie che producono frutti appetiti dagli animali selvatici;

5) possono ospitare alcune specie che producono invece frutti commestibili e che hanno anche un valore commerciale (nocciole, corbezzole, sorbe, corniole, etc.);

6) possono esservi inserite specie arboree di pregio utili come legno da opera o come legna da ardere (ciliegio, frassino, querce, etc.);

7) strutturano il paesaggio, rendono più gradevole la percorrenza delle strade campestri, migliorano la fruizione del territorio;

8) consolidano con le loro radici le scarpate e le sponde dei fossi, impedendo l’erosione di terreno fertile e prevenendo dissesti.

LE PERDITE DI TERRENO COLTIVABILE DOVUTE ALL’INGOMBRO DI UNA SIEPE VENGONO QUINDI ABBONDANTEMENTE RISARCITE DAI BENEFICI PER L’INTERO AMBIENTE E DALLE POSSIBILI INTEGRAZIONI CHE POSSONO DERIVARNE PER IL REDDITO. I TITOLARI DI AZIENDE AGRICOLE POSSONO INOLTRE INFORMARSI SUI CONTRIBUTI PREVISTI PER COLORO CHE MANTENGONO O REALIZZANO SIEPI CAMPESTRI.

PER TUTTI I MOTIVI SOPRA ESPOSTI, L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE ATTRIBUISCE GRANDE IMPORTANZA ALLA RICOSTRUZIONE DI UN RETICOLO TERRITORIALE DI SIEPI ARBOREO-ARBUSTIVE E FORNISCE GRATUITAMENTE ASSISTENZA ALLA REALIZZAZIONE DI SIEPI AI PROPRIETARI DI TERRENI NEL BACINO DEL FOSSO ACQUATICCIO.

4. QUALE' IL RUOLO DELLA SOSTANZA ORGANICA NELLA PREVENZIONE DEI DISSESTI ?

Se un terreno agricolo comprende relativamente poca sostanza organica (minore del 2%), la quantità di terreno che si erode sarà più elevata in proporzione a terreni con sostanza organica elevata (maggiore del 4%). La sostanza organica, dopo essersi trasformata in humus nel suolo, ha un buon effetto sulla stabilità degli aggregati del suolo e aumenta la resistenza contro il ruscellamento superficiale. Gli effetti della presenza di humus sono importanti: l’humus diminuisce la necessità di penetrazione delle radici incrementando la crescita delle piante, aumenta la permeabilitˆ, migliora l’infiltrazione e la lavorabilitˆ del suolo.

Oltre alle fibre vegetali esistono altri tipi di sostanze organiche utili per produrre humus, come il letame e il mull prodotto dai lombrichi, che trasformano scarti organici o deiezioni, che sono già in realtà un humus. E' una buona cosa il riuso dei rifiuti organici e degli ammendanti vegetali da questi derivati (compost), anche se esistono dei limiti fissati dalla legge per la somministrazione al suolo e dei limiti rispetto all’uso (non si può utilizzare su colture ortive da foglia, etc.).

Il letame (stallatico) o la pollina miscelati con la paglia o altre fibre vegetali costituiscono una alternativa molto adatta, sia contro l’erosione sia come concime, rispetto a prodotti chimici di sintesi quali i diffusi fertilizzanti ternari, che alterano la chimica del suolo e talvolta uccidono le utilissime popolazioni batteriche.

Questa concimazione, usata da tempi immemorabili, viene prima applicata sul suolo e poi incorporata attraverso l’aratura. Nell’agricoltura biologica questo è il metodo di concimazione ordinariamente usato.

Su campi a seminativo con grande pendenza una pioggia violenta subito dopo la lavorazione potrebbe distruggere gran parte del lavoro e impedire per lungo tempo di risistemare la coltivazione a causa dell’imbibizione del suolo; una soluzione ottima per ridurre la fragilità del suolo nel momento della semina ed i connessi rischi di erosione è quella di gettare un strato di mulch (fibre vegetali, quali ad esempio paglia di grano o fiorume) sul campo appena seminato. In questo modo la pioggia non batte direttamente sul suolo e non rompe gli aggregati buttando all’aria i semi, che con l’afflusso d’acqua vengono ruscellati. Lo strato di mulch produce una forte riduzione dell’erosione. Già se usato in piccole quantitˆ (0,5t/h) riduce l’erosione sino al 35%, diminuisce la velocità del ruscellamento, aumenta l’infiltrazione del suolo e l’immagazzinamento d’acqua nello strato superficiale, migliora la struttura del suolo e l’attivitˆ biologica.

Un altro vantaggio dell’uso del mulch è l’aumento della sostanza organica nel terreno e il basso costo.

Nella viti-olivicoltura sarebbe buona pratica incorporare al suolo lo strame da potatura dopo averlo trinciato, invece di eliminarlo con abbruciamento.

Questo avrebbe benefici effetti dal punto di vista ambientale (riduzione emissioni, riduzione rischio incendi) e dal punto di vista della struttura e fertilità dei suoli: si calcola che le potature di un ettaro di vigna incorporate al suolo corrispondono ad una concimazione di 100 kg di azoto, 25 kg di potassio e 15 kg di fosfati.

5. QUALI SONO LE PRATICHE AGRICOLE CONSIGLIABILI?

Negli ambienti collinari e montani e dal punto di vista della salvaguardia da dissesti l’utilizzazione prativa o prato-pascoliva sarebbe non solo consigliabile, ma senza dubbio preferibile ai seminativi.

Per evitare terreni lasciati a maggese, si dovrebbero comunque diminuire le superfici arate, soprattutto dove non c’è necessità, come, per esempio, nell’olivicoltura. In questo caso sarebbe meglio vangare circolarmente intorno ad ogni albero con la vangatrice o con un motocoltivatore. Nella viticoltura è raccomandabile non arare tutta la superficie d’impianto ma al massimo una sola striscia tra le file. Meglio sarebbe trinciare l’erba molto bassa e arare una piccola superficie o una striscia al piede delle viti, dove si potrebbe incorporare il concime.

Un’altra azione utile per diminuire l’erosione riguarda la lavorazione del suolo: la minima lavorazione dei terreni agricoli viene chiamata "minimum tillage" ed è molto efficace per ridurre l’erosione. é comunque consigliabile non disgregare eccessivamente il suolo superficiale, scendendo il meno possibile in profondità. Un principio fondamentale sarebbe quello di lavorare i campi su pendici, se è possibile, secondo le linee di livello; laddove questo contrasti con le necessità di operare in sicurezza con il mezzo non inclinato oltre il 20%, si rinvia alle osservazioni già fatte.

Invece di arare in profondità(rovesciando e sconvolgendo gli orizzonti naturali del suolo) è consigliabile lavorare più superficialmente (fino al massimo a 30 cm di profondità, anche se sarebbe meglio arrestarsi a 15 cm).

Nelle viti-olivicolture si potrebbe lavorare il terreno solo mediante una erpicatura, più che sufficiente a rompere le zolle in periodo estivo riducendo gli effetti della siccità.

Nei terreni in pendenza la lunghezza del campo è di grande importanza per la quantità del materiale che si erode durante una pioggia. Fino ad una quindicina di metri di lunghezza l’erosione ha un incremento lineare, mentre oltre queste misure tale crescita diventa esponenziale.

Per diminuire l’erosione sarebbero quindi da evitare appezzamenti troppo estesi secondo la linea di pendenza, e ciò suggerisce di interromperne la lunghezza con rotture di pendenza quali un fosso, una striscia d’erba, una gradonatura (almeno ogni 30-100 metri si dovrebbe però collocare un fosso di guardia, meglio se permanente e vegetato).

Esistono anche metodi di coltivazione pensati per ridurre l’erosione sui campi agricoli che consistono nell’uso contemporaneo di colture ad alto e basso rischio d’erosione:

* Stripcropping (piantagione a fascia),
* Alley-cropping (piantagione ad aree),
* Grass strips (strisce d’erba).

Lo stripcropping si riferisce alla messa a dimora di fasce di specie diverse lungo il pendio. Fasce di piantagioni ad alto rischio d’erosione vengono alternate con fasce di piantagioni a basso rischio d’erosione (ad es. grano e successivamente erba prativa). La vegetazione nelle fasce viene ruotata, così la fertilità rimane su tutto il campo. Sui pendii ripidi e su suoli ad alto rischio d’erosione le fasce d’erba possono essere permanenti.

L’alley-cropping è un sistema agro-forestale, nel quale colture ortive d’erbacee ad alto rischio d’erosione vengono collocate in aree che seguono il profilo del pendio e incorniciate con siepi o filari arborei.

Le grass strips prevedono strisce d’erba inserite lungo il profilo del pendio che funzionano come tamponi e raccolgono la terra del ruscellamento. Vengono usate specie a rapida crescita, fitte, e che non infestano le colture circostanti. Il sistema delle strisce d’erba può essere utile dove sono stati rimossi fossi o siepi, sui coltivi collinari di una certa estensione. La striscia d’erba funziona come un tampone che col passare del tempo si trasforma in una terrazza indotta dall’erosione.

6. QUALI SONO GLI OBBLIGHI DEI PROPRIETARI FRONTISTI A FOSSI O TORRENTI?

Coloro che possiedono una proprietà confinante o comprendente un corso d’acqua hanno degli obblighi imposti dalla legge nazionale e dalle normative regionali e comunali, anche nel caso che il corso d’acqua medesimo non sia classificato come demaniale o di proprietà pubblica.

Poichè si può presentare una vasta casistica di situazioni, si elencano di seguito quelle ritenute più significative:

1.Se il corso d’acqua è classificato come demaniale o pubblico, tutta l’area compresa entro il ciglio di sponda è proprietà pubblica, anche se le acque avessero eroso aree agricole private. Sono quindi vietati rinterri in alveo, manomissioni della vegetazione esistente (salvo apposita concessione dell’ente pubblico), dissodamenti o arature nella fascia di 10 metri contigua al corso d’acqua, edificazioni a distanza inferiore di metri 100 (per i fiumi Esino e Musone), di metri 60 e di metri 40 (per i corsi d’acqua classificati come di 2a o 3a classe dal Piano Paesistico Ambientale Regionale).

2.Se il corso d’acqua non è classificato come demaniale o pubblico, sono comunque vietati rinterri in alveo, abbattimento o rimozione di alberi e arbusti, dissodamenti o arature superiori a 50 cm nella fascia di 10 metri contigua al corso d’acqua, scarico di reflui, edificazione a distanza inferiore di 35 metri. La pulizia dell’alveo e il governo della vegetazione riparia sono autorizzabili solo nel caso di grave e documentata ostruzione al deflusso delle acque, e comunque senza alterare l’ambiente fluviale. I frontisti sono comunque tenuti a garantire l’efficienza idraulica del fosso, impedendo crollo di alberature o materiali in alveo, e devono evitare ostruzioni e rinterri anche involontari derivanti da guadi occasionali o collocazione non autorizzata di tubazioni, ponteggi e passerelle.

Su tutti i corsi d’acqua, pubblici o privati, comunali valgono comunque le normative di Piano Regolatore che vietano l’alterazione della vegetazione ripariale e impongono addirittura la sostituzione delle piante selvatiche che risultassero morte o deperienti con altre della medesima specie.

Per quel che riguarda gli scarichi sarebbe opportuno l’utilizzo di tecniche di depurazione naturale ( come la FITODEPURAZIONE ) in maniera da poter riutilizzare tali acque per l’irrigazione o da poterli conferire nei corsi d’acqua a norma di legge. Rivolgendoti al Comune puoi informarti sulle procedure e sulle tecniche utilizzabili allo scopo.

7. QUALI SONO LE BUONE NORME PER GESTIRE IL DEFLUSSO DELLE ACQUE IN COLLINA?

Il reticolo di deflusso sui terreni collinari regionali è costituito in genere da drenaggi (o fognature) sotterranei e da una serie di canalizzazioni a cielo aperto che funzionano da ricettori; queste canalizzazioni possono essere temporanee e non vegetate (scoline) o permanenti (fossi).

Una sistemazione ottimale prevede le seguenti premesse indispensabili alla "bonifica collinare" e cioè:

a) la stabilità fisica del suolo;

b) lo smaltimento delle acque sotterranee eccedenti la capacità idrica del suolo tramite drenaggi;

c) la conservazione dei fossi superficiali e il loro rivestimento tramite vegetazione;

d) la lavorazione del suolo a tagliapoggio o cavalcapoggio e non a rittochino (cioè non nel senso della pendenza del versante)

Il drenaggio sotterraneo nell’ambito collinare è di grande importanza soprattutto laddove la successione degli orizzonti del suolo o le caratteristiche del sottosuolo fanno variare in modo significativo la velocità di infiltrazione (strato di terreno permeabile sopra uno strato semi- impermeabile quale ad es. terreno argilloso). Il drenaggio in profondità ha soprattutto importanza per la regimazione delle acque profonde e per l’allontanamento delle acque meteoriche.

I vantaggi dell’uso di un sistema di drenaggio sono molteplici: diminuiscono il ruscellamento e l’erosione, si prevengono movimenti franosi, diminuisce l’effetto crosta sul suolo, aumenta la penetrazione delle radici nel suolo, aumenta la massa radicale delle piante prossime al drenaggio, si incrementano i raccolti e si prevengono marciumi radicali, asfissia, fisiopatie.

I drenaggi sono di grande importanza per colture arboree quali la vite e l’olivo: dovrebbero esserci almeno 300 metri per ettaro di drenaggi in un’oliveta collinare, anche se per buona norma ne occorrerebbero 1.200 metri per ettaro.

Per realizzare i drenaggi si scavano dei fossi per traverso sulla collina fino a raggiungere il sottosuolo ben al di sotto della prevista profondità dell’apparato radicale della pianta, oppure fino a raggiungere lo strato di terreno meno permeabile o impermeabile.

I fossi, poi, vanno parzialmente riempiti con materiale reperibile in loco, come ad es. pietrame, fascine, canne, e successivamente coperti con un strato di terra. Sul tracciato dei drenaggi si mettono poi a dimora le piante.

Il drenaggio deve essere progettato con cautela, in modo che non possa originare dei danni da infiltrazione idrica come frane o scoscendimenti, nelle zone con terreni incoerenti dove accadono spesso frane. In queste zone oltre ai drenaggi ci vorrebbero costruzioni e opere di consolidamento e stabilizzazione come piantagioni, terrazzamenti, drenaggio con fascine vive, eccetera.

I fossi in un campo hanno il compito di trasportare l’acqua sovrabbondante durante o dopo le piogge per evitare inondazioni o eventi d’erosione puntuali, perciò è importante localizzarli bene, seguendo alcuni semplici criteri:

1.Se sono spariti dei fossi permanenti, sarebbe opportuno ritrovarne le tracce e ricostruirli nello stesso posto, lasciando crescere se è possibile le piante arboree ed arbustive naturali, in modo da aumentare i rifugi per la fauna utile

2. Se c’è un terreno o una strada situata al di sopra del terreno agricolo, sarebbe da evitare che l’acqua scorresse sopra il terreno in oggetto mediante la progettazione e realizzazione di un fosso di guardia dotato di appositi sgrondi.

Durante lo scorrimento dell’acqua sul suolo, se non ci sono ostacoli, la velocità aumenta a causa dell’aumento della quantità d’acqua e della accelerazione di gravità. Per diminuire la velocità dell’acqua, che causa l’erosione, c’è bisogno di creare ostacoli come fossi orizzontali o terrazzamenti. Quando un appezzamento agricolo misurato dall’alto verso la valle è molto lungo (più di 200 metri senza interruzione), si dovrebbe realizzare almeno un fosso orizzontale per raccogliere l’acqua ruscellante e diminuirne la velocità(è consigliabile collocare ogni 30-100 metri un fosso preferibilmente permanente).

Per il rivestimento del letto dei fossi esistono diverse tecniche: inerbimenti, ramaglia viva, sassi o altri inerti. Nella sistemazione dei corsi d’acqua tramite INGEGNERIA NATURALISTICA si cerca di aumentare l’uso dei materiali vivi, quali il cotico erboso, le fascine vive, la ramaglia viva.

I rivestimenti con materiali vivi hanno il vantaggio di effettuare due azioni contemporaneamente: consentono il deflusso delle acque di pioggia e nello stesso tempo producono l’aumento dell’infiltrazione, che aumenta con la resistenza allo scorrimento prodotta dal materiale usato.

La diminuzione della velocità dell’acqua di pioggia produce un aumento dell’infiltrazione, che a sua volta fa aumentare la quantità dell’acqua nella falda ed evita così l’inaridimento del terreno o del bacino. L’aumento dell’acqua nella falda acquifera può essere realizzato in miglior maniera attraverso dei drenaggi e con l’aumento della copertura vegetale.

Iniziativa promossa in collaborazione con le associazioni:

Confederazione Italiana Agricoltori Via Cesare Battisti, 7– JESI
Federazione Provinciale Coldiretti Via XXXIV Maggio, 27 – JESI
Unione Provinciale Agricoltori di Ancona Viale Trieste, 30 – JESI
COPAGRI (Confederazione Produttori Agricoli) ViaPastrengo, 2 – JESI

Hanno aderito all’iniziativa:
MAB - Associazione Marchigiana per l’Agricoltura Biologica Via F.lli Bandiera, 63 – SENIGALLIA
WWF Sezione Regionale Marche Via Francesco Crispi, 113 – MACERATA

REDAZIONE MANUALE
iris s.a.s. Via Volterrana 183 – 50020 Cerbaia Val di Pesa (FI), tel.055.825141

Hanno collaborato al progetto:
Andres Albers, Maurizio Bacci, Federica Befera, Andrea Dignani, Giordano Fossi, Giuseppe Pandolfi, Susanna Rigon, Lucio Rossetti, Monica Santoni

Linee guida per la gestione del territorio agricolo collinare

Questo sito utilizza cookie tecnici, analytics e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l’utilizzo dei cookie.

Privacy policy