Lorenzo Lotto - Angelo annunciante e Vergine Annunciata 1526-1527

Le due tavolette dell'Annunciazione facevano parte di un trittico eseguito per la chiesa dei Minori Conventuali di S. Floriano, come rivela un disegno rinvenuto nella Biblioteca di Siena da Philiph Pouncey nel 1965, che presenta i due scomparti laterali dell'Angelo e della Vergine insieme ad una tavola centrale che risulta di difficile lettura a causa del disegno molto indistinto, interpretato da alcuni come un S. Gerolamo e da altri come un S. Giovanni a Patmo. Nel disegno di Siena, una copia tardo manierista dell'originale lottesco, è delineata anche una cornice molto simile nella struttura al registro superiore del Polittico di Ponteranica (1525) e questo ci induce a credere che essa corrisponda a quella originale ideata dal pittore veneziano. Inoltre, dato che nel disegno la cornice prosegue nella parte sottostante sino al bordo inferiore del foglio, si può pensare che comprendesse anche un tabernacolo ligneo.

Quando visitarono la chiesa di S. Floriano il Morelli e il Cavalcaselle, i1 9 maggio 1861, trovarono del Lotto solo la Deposizione (1512) e la S. Lucia, mentre le due tavolette dell'Angelo e della Vergine vennero rinvenute, già prive della parte centrale, nell'attiguo convento francescano e furono stimate duemila lire. Quindi a questa data, il Trittico era stato già smembrato.

Le Annunciazioni del Lotto si segnalano per l'originalità iconografica dell'impostazione - basti per tutte quella bellissima di Recanati - che nulla togliendo alla sacralità dell'avvenimento, lo aggancia prepotentemente alla realtà domestica non come interruzione di un ordine naturale ma semmai come presenza costante del divino nel quotidiano. L'angelo jesino dalla poderosa struttura fisica è colto nell'atto di planare al suolo dopo il volo di avvicinamento e la sua fisicità è ribadita dall'ombra che proietta sul pavimento di cotto e dalle vesti scomposte da quel suo intenso movimento che "toglie il respiro", per dirla col Berenson (1895).Angelo annunciante
Lotto ha fissato come in un fotogramma l'istante che precede il contatto a terra dell'angelo, illuminato da una folata di luce proveniente da una apertura sulla sinistra che allunga illusivamente lo spazio in senso prospettico. La luce è la protagonista di quest'opera, come di altre dell'artista, una luce non rigidamente scenica in senso rinascimentale, non distributrice di ombre precise, che non unisce e fonde il tutto, ma "soffio discontinuo e vagante" (Longhi, 1946) che lascia i colori vivi nella loro purezza di timbro in un ritmo dinamico di luci e di ombre.
L'apparizione dell'angelo, improvvisa e sconcertante, coglie di sorpresa la Vergine intenta alla lettura di testi sacri, inginocchiata e avvolta in un manto che la racchiude a mandorla. Il movimento a rotazione delle due figure avvolge lo spazio e una forza direzionale da sinistra a destra spinge l'angelo in avanti, mentre la Vergine, come investita da uno spostamento d'aria, ritrae il corpo all'indietro e allarga le braccia con le mani aperte, predisponendosi con animo trepidante all'ascolto dell'annuncio.
La tessitura cromatica della veste della Vergine, dipinta di un rosso caldo e corposo, contrapposta a quella dell'angelo, di un celeste freddo e splendente di bagliori luministici, rende evidente la diversità delle due nature: quella umana e terrestre della Madonna e la soprannaturale ed "aerea" dell'angelo.
Già Gregorio Magno aveva affermato che "gli angeli sono spirito se paragonati ai nostri corpi, ma se confrontati con lo spirito sommo e senza limiti di Dio, sono corporei". Le creature celesti hanno, dunque, un "corpo aereo" e il Lotto nella figura angelica elaborata nell'Annunciazione di Jesi coagula in una mirabile sintesi i due aspetti teologici della natura angelica: quella più spirituale prossima a Dio, dando alla figura il massimo di velocità e di lievità aerea, con quella terrestre più vicina all'uomo, assegnando un corpo all'angelo che si può sentire e vedere.
Le due tavolette, già restaurate in occasione della mostra Lorenzo Lotto nelle Marche tenutasi in Ancona nel 1981, hanno subito un nuovo intervento nel 1995. La verniciatura realizzata nel precedente restauro si era scurita e ispessita e la recente pulitura con solventi volatili ha riportato in luce la cromia originale e anche un elemento iconografico che era rimasto nascosto da una vecchia ridipintura, ora rimossa. Si tratta di un bel panneggio di colore verde, posto dietro alla Vergine, sulla destra, una tenda annodata nella parete centrale, il cui rinvenimento è rilevante non solo da un punto di vista formale, in quanto ci restituisce l'opera nella sua stesura integrale, ma anche sotto l'aspetto interpretativo, in quanto il nodo sulla tenda, oltre alla natura verginale del concepimento, allude al mistero della unione mistica e d'amore della Vergine col Bambino Gesù e, quindi, della natura umana con quella divina.

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