Cos'è?
Uno studio di Pietro Piva con Meri Bracalente
Con il sostegno di Teatro Giovani Teatro Pirata, Comune di Jesi, NotteNera e Teatro Rebis
Un corpo fragile, ma un pensiero potente: Antonio Gramsci seppe radunare attorno a sé il cuore del discorso politico europeo del primo Novecento, incarnando una profonda dissidenza contro ogni tirannia. Ma cosa rimane oggi della sua figura, se la dimensione profondamente umana è stata a lungo rimossa o ignorata? Il punto di partenza per riscoprirla sono le sue lettere dal carcere: qui emerge il Gramsci più intimo, quello che vive e sente, oltre al politico e intellettuale. Condannato a oltre vent’anni da un giudice fascista che voleva “impedire a quel cervello di funzionare”, Gramsci sopravvive undici anni in isolamento, prigioniero ma non spento. Attraverso le sue lettere scopriamo una trama di affetti e resistenza: fringuelli, lucertole, piante, le voci dei figli, della moglie, della madre. La sua cella si popola di vita. Nel suo amore quotidiano, nella cura, nell’attenzione agli oggetti, si rivela uno spirito animista, femminista ed ecologista ante litteram. Una dimensione umana che va oltre l’icona e riscalda ancora oggi.